DISPLACEMENT

settembre 2012

GIADA RIPA

DISPLACEMENT

L'ultimo lavoro di Giada Ripa si è concentrato sull'analisi di spazio come mezzo per esplorare l'identità personale. In aggiunta al suo approccio alla fotografia documentaria, Ripa ha sviluppato, come artista, un corpus di opere caratterizzato da introspezione e sperimentazione, spesso con paesaggi e luoghi di produzione di energia come ispirazione e come sfondo per le sue performance.

DICHIARAZIONE

Accompagnata attraverso la sua ricerca dagli scritti di geografi, antropologi ed esploratori, suggerendo la metafora del paesaggio visto come un teatro in cui l'essere umano subisce, attraverso il tempo, la percezione e la riflessione, la consapevolezza di essere sia lo spettatore che l'attore nella natura in costante movimento culturale, ecologico e geopolitico che continua a riflettere la nostra società.

Durante i suoi viaggi attraverso gli ex Paesi satellite dell'Unione Sovietica, le sue esplorazioni attraverso il Caucaso e l'Asia centrale, dalla Georgia al Turkestan, emerse lentamente una pressante necessità di un modo più personalizzato di esprimersi.

Falling Icons, ultima serie dell'artista dopo Lost in Space, Dead in Turkestan e Moonscapes, è una narrazione poetica de "l'arte di cadere", in cui una donna contemporanea si pone ossessivamente di fronte a luoghi stranieri e lontani carichi di stratificazioni simboliche e culturali, implicazioni storiche e geopolitiche. In queste immagini lo spazio sovrasta la figura umana trasformandola in una semplice pedina travolta dai processi di trasformazione di questi territori. Nelle sue fotografie Giada Ripa appare come una donna in transito, una figura errante, una presenza anonima in luoghi in fase di transizione e ancora alla ricerca di una specifica identità.

L'ambiguità dell'incertezza di una caduta finale o di un'improvvisa oscillazione per tornare alla posizione verticale rende queste immagini di Falling Icons in divenire, in continuo movimento nella mente dell'osservatore che può in ogni momento diventare giudice e creatore del destino di quella donna e del suo ambiente.

Qual è la qualità della gravità che tira le donne a terra nelle foto di Giada Ripa? Forse è lo stesso vento che è la fonte di energia utilizzata dalle macchine? E l'aspirazione di aver viaggiato così lontano da casa, o una comunione con l'energia, la terra, la sabbia, e la neve?

Le immagini di Ripa sfidano nozioni stereotipate del paesaggio come bene di conforto, verso il quale spesso viaggiamo. Queste luoghi sono scoscesi, inospitali, a volte bruciati o congelati, in cui passato e futuro si sentono in sfida. Essi sono situati su tutti i punti del continuum tra lo sviluppato e l'incontaminato, l'abitato e l'abbandonato.

Questi territori appaiono non come siti esotizzanti, ma come ambienti difficili in cui le forze dell'industria e del capitalismo si scontrano con quelle del clima, della storia, della cultura e della religione.

Le messe in scene di Ripa ci potrebbero portare a chiederci come queste condizioni possano influenzare le donne che vi abitano.

DISPLACEMENT

Displacement,  la serie che da il titolo a tutta la mostra, mostra presentata in anteprima al MMoMA di Mosca nel dicembre 2011- Gennaio 2012 ,è un progetto fotografico iniziato nel 2005, ed al quale Moleskine ha dedicato nel 2012 il primo libro fotografico. Il libro sarà presentato per la prima volta in Italia in occasione della mostra.

Un inno poetico e fortemente introspettivo all’arte del cadere, che vede la figura umana ritratta in un momento di fragilità estrema, quando le difese dal mondo esterno crollano e l’identità appare in bilico.

Le opere vedono protagonista una giovane donna contemporanea alle prese con un ossessivo confronto tra sé e territori sconosciuti, lontani dall’ideale esotico, dove la cultura industriale e il capitalismo si scontrano con la durezza dell’ambiente il clima, storia, cultura e religione.

"Il progetto Displacement cominciava in Xinjiang, Cina, più di otto anni fa investigando le minorità religiose lungo la ex Via della Seta – ora conosciuta come la via del Petrolio; La ricerca delle origini delle persone incontrate durante il mio cammino mi ha lentamente portato a riflettere sulla mia identità…”. Giada Ripa

L’artista ha sviluppato una serie di fotografie, dove la lontananza geografica e culturale di territori prevalentemente connessi con la produzione di energia (olio, gas, energia geotermica e fonti rinnovabili) svolge il ruolo di sfondo, lo scheletro fondamentale che sorregge il significato concettuale delle opere. La sua ricerca personale è spesso accompagnata/ispirata da testi di geografi, antropologi, e ricercatori come i racconti dei grandi esploratori della Via della Seta di Peter Hopkirk “The Great Game” , “The Foreign devils on the Silk Road”.

La prima mostra in Italia e le nuove opere della serie Iconema da un termine coniato dall’antropologo Eugenio Turri che suggerisce l’idea che il paesaggio possa essere interpretato metaforicamente come il «teatro» delle attività umane, lo scenario in cui l’uomo è contemporaneamente attore e spettatore, trasformatore dei luoghi e fruitore degli stessi, sottolineano  un ritorno dell’artista alle proprie origini; La volontà di lavorare sul territorio Italiano, come in un Gran Tour Europeo, dopo un lungo cammino attraverso luoghi distanti.

Giada Ripa, Displacement Series, Untitled Triptych #2 (Marble Quarry) 2013

Giada Ripa, Displacement Series, Untitled Triptych #2 (Marble Quarry) 2013

Giada Ripa, Iconema Series, Untitled #2 (hotspring) 2013

Giada Ripa, Iconema Series, Untitled #2 (hotspring) 2013

Giada Ripa, Iconema Series, Untitled #1 (sculpture) 2013

Giada Ripa, Iconema Series, Untitled #1 (sculpture) 2013