QUADRI ELETTRICI

marzo 2007

BIXIO BRAGHIERI

QUADRI ELETTRICI

Con la nuova serie di opere intitolata “Quadri elettrici”, Bixio Braghieri, artista milanese, ci coinvolge immediatamente nel flusso di energia da lui creato.

I suoi lavori hanno il potere di catturare e respingere lo sguardo in modo ipnotico, quasi ossessivo. Il mezzo per ottenere questi effetti è proprio il filo elettrico utilizzato con lo stesso scopo per cui viene fabbricato: trasportare energia in questo caso creativa. Ed è quello che avviene nel momento in cui le sue opere vengono messe in mostra, ci si trova  involontariamente trasportati in un vortice visivo.

L’artista definisce questi ultimi lavori come un nuovo campo di sperimentazione ma, analizzando la sua vita, essi sono qualcosa di più: una sintesi di ricerca che è maturata nel tempo.

La scoperta delle sue doti artistiche è nata già all’epoca di Brera ed è continuata all’università grazie anche ad un viaggio, compiuto per scrivere la tesi in architettura, a Siviglia. E’ da questo momento in poi che Bixio inizia ad intraprendere la strada dell’arte e a sperimentare vari linguaggi espressivi. Fondamentale in questo passaggio risulta essere l’incontro con un artista olandese, una sorta di guru che gli insegna a guardare il mondo con occhi nuovi e con una maggiore apertura mentale.

Dopo un periodo di ispirazioni, vicine alla sensibilità di Richard Long, si appassiona alle potenzialità materiche del rottame, una recuperation di materiali trovati nelle discariche utilizzati per creare animali come mosche giganti e teste di cavalli. Parallelamente partecipa a mostre collettive a Milano, Londra e in altre città.

Superati i virtuosismi iniziali, volti a buttar fuori l’energia interiore, il suo percorso ritorna alla pittura, già sperimentata nelle sue primissime creazioni, con un’attenzione maggiore all’ analisi concettuale e minimale. Ed è in questo periodo che crea “Le folle” serie di lavori grafici, texture di volti, allo scopo quasi di esorcizzare il suo rapporto con il mondo.

In apparenza le fasi artistiche di Bixio sembra non abbiano elementi in comune e che siano pura sperimentazione ed urgenza espressiva, in realtà molti temi  ricorrono e si ripresentano sotto vesti nuove. L’ironia, per esempio, ritorna sempre assumendo accenti ora sarcastici, ora polemici, come nella serie dei “Loghi”. Anche il senso di infinito che si osserva in “Operazione Baygon” - dove filari di formichine creano immagini e superano il confine imposto dalla cornice per conquistare i muri su cui poggiano i quadri – si avverte in “Quadri elettrici”. Essi sono concepiti come un insieme di opere collegate fra loro allo stesso modo di un impianto elettrico che ha origine da una cascata e arriva fino alle nostre case.

I “Quadri elettrici” sono anche ispirazioni nate dalla quotidianità in cui la comunicazione, grazie alla tecnologia, non avviene più come negli anni ’60 ’70 direttamente, bensì in modo mediato. Il conseguente individualismo ostacola il flusso energetico tra le persone che ne avvertono comunque l’esigenza.

Milano, per molti aspetti chiusa e poco stimolante, paradossalmente rappresenta invece una grande possibilità di partorire idee, non è un caso infatti che, pur avendo viaggiato molto, tutti i  lavori di Braghieri siano nati qui.

L’atto stesso della creazione di questi quadri, caratterizzato da una forte ripetitività di movimenti, diventa per l’artista un’azione terapeutica che lui definisce quasi da “carcerato” perché richiede metodo, concentrazione e rigore.

Non ci sono veri e propri modelli in questa sua ultima fatica che evoca però l’amore per l’arte concettuale degli anni ’70, per Rothko, per Magritte, figure avvertite più come elementi di un patrimonio interiore che come vere e proprie  guide.

Un riscontro concreto è che ogni fruitore percepisce, nell’osservazione diretta dei dittici, trittici e polittici “elettrici”, la stessa reazione di coinvolgimento ed attrazione visiva-tattile conquistato da questa generosa energia.

ELISABETTA MERO